domenica 22 agosto 2010

Il Cacciatore

Il silenzio regnava incontrastato, quella sera.

Il vento sussurrava dolci parole ammaliatrici tra le foglie degli alberi, mentre un manto di cielo stellato ricopriva il mondo intero.

Ma non tutti dormivano.

Il crepuscolo era per molti un segnale, il segnale che la caccia poteva avere inizio.

Il Cacciatore era tra questi.
Nascosto tra le fronde, osservava con fare distaccato la sua preda.

Lei era ignara di avere il fiato della Morte sul collo.
Lui, invece, era la Morte. Era la sua natura, tutto qui.

Francamente se ne infischiava. Non c'era niente di personale in quello che stava per fare: lui uccideva per vivere, e viveva per uccidere.
Il suo destino era di cacciare, il destino di lei era di essere cacciata.

Il Cacciatore lanciò un'ultima occhiata alla vittima, dopodichè si preparò ad agire secondo la sua natura.
Ancora pochi passi e avrebbe attaccato.

Tre passi...

Due passi...

Uno...

La preda non ebbe il tempo di dire “Ah”: il Cacciatore le era balzato addosso e l'aveva stordita con un colpo mirato al collo.
La caccia era riuscita, pensava il Cacciatore mentre squartava metodicamente la carcassa sanguinolenta che giaceva ai suoi piedi.

Nessun rimorso per l'azione appena compiuta: lui ammazzava solo ed esclusivamente per sopravvivere, non per divertimento, né per diletto.
Tutto sommato era molto soddisfatto: la carne della vittima sarebbe bastata per giorni e giorni, non avrebbe sofferto la fame almeno per una settimana.

Sì, era decisamente felice.

Troppo felice perchè tutto ciò potesse durare.

D'un tratto un rombo come di tuono e un boato simile a un terremoto scossero l'intera foresta.

Il Caccitore non se l'aspettava.

Capiva che stava per succedere qualcosa.
Qualcosa di terribile, qualcosa da cui scappare.

Si guardò attorno, disperato.

Ma era troppo tardi.

Qualcosa gli perforò lo stomaco, facendolo cadere a terra, e subito dopo qualcos'altro gli trapassò il collo.

E mentre crollava capì.

Capì che stava per abbandonare questo mondo, come un attore abbandona il palcoscenico dopo lo spettacolo.
Capì di essere giunto veramente alla fine.

E capì che da Cacciatore era diventato Preda.

Ma non poteva essere! Tutto ciò era irreale! Era contro natura!

Fu allora che vide i suoi aggressori.
Erano due, esili e brutti, ricoperti di vestiti e cappellacci, con in mano degli insoliti bastoni fumanti. Il Cacciatore
sentì il sangue colargli lentamente dalla bocca, annebbiandogli la vista e inebetendolo.
L'odore che sentiva era un misto di sangue e terriccio.
L'odore della Morte.

Capì che la Morte era arrivata proprio da quegli strani bastoni.

Agonia, dolore, tormento, ma anche rassegnazione: ecco ciò che il Cacciatore sentiva dentro di sé.

Sentiva i suoi aggressori parlare tra di loro.

“Hai visto, Howard? La caccia è andata bene anche stavolta!”
“Sì, Rudolph! Questa è la tigre più bella tra tutte quelle che abbiamo accoppato finora!”
“Guarda che pelliccia a strisce! Che denti! Howard, amico mio, pensa ai SOLDI che riceveremo per la carcassa di questa schifosa belva!”
“Cristo, hai proprio ragione! Ma... Rudolph! Guarda! La bestiaccia ha ammazzato un cervo!”
“Oh mio dio, non è possibile! Un cervo così bello! Sgozzato da un mostro! Maledetta belva! BASTARDA!!!”
“Povero cervo... Morto per assecondare i luridi piaceri di un simile mostro... Per fortuna lo abbiamo ucciso adesso... Pensa quanti altri cervi sarebbero potuti morire per colpa di questo maledetto!”
Il Cacciatore sentiva i calci dei due aggressori, gli sputi, le ingiurie.
Tutto ciò era veramente triste.

Capì che la sua ora era arrivata.

E mente si apprestava a lasciare questa valle di lacrime, capì anche di essere morto per niente.


Uccideva per vivere, e viveva per uccidere

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